Fino a pochi anni fa, il bene rifugio per eccellenza era l’oro. Il trend però adesso è cambiato e vede come protagonista i diamanti.
Secondo la finanza, infatti, queste pietre sono la forma più concentrata di ricchezza al mondo, ma gli investitori non le avevano ancora considerate, a causa della grande differenza che può esserci da pezzo a pezzo, rendendo così soggettivo il valore e di conseguenza la vendita diventava più complicata.
La tecnologia però è venuta in aiuto agli investitori.
Infatti, ogni pietra verrà inserita su un chip che permetterà di valutarla immediatamente basandosi sulla quota di scambio e sull’autenticazione istantanea.
Un marchio sviluppato dall’International Institute of Diamond Grading and Research (IIDGR), parte del gruppo angloamericano De Beers fornirà un’ulteriore garanzia.
De Beers è il maggiore produttore di diamanti per valore e un leader nell’attrezzatura che valuta e autentica i diamanti, tradizionalmente venduti come gemme a un gruppo limitato di persone di fiducia chiamate sightholder.
La compravendita si è però gradualmente aperta e nel 2008 De Beers ha iniziato a vendere diamanti grezzi con aste online, mentre recentemente ha fatto lo stesso con quelli lavorati.
Si tratta così del primo ed unico scambio elettronico per il commercio di diamanti a livello di investimento.
Secondo molti, questo cambiamento è molto positivo, poichè fornisce trasparenza al prezzo del diamante.
Ad ogni modo, la crisi economica e politica degli ultimi tempi ha spinto i possessori di grandi capitali a investire nei diamanti, poichè offrono invisibilità e mobilità senza eguali.
Bisogna però considerare che esistono tre grandi categorie di mercato.
La prima riguarda quelli industriali e danneggiati, usati per pulire altri diamanti e nella produzione di chip elettronici, processori e componenti laser.
Poi ci sono le gemme utilizzate nell’oreficeria e infine quelli perfetti o quasi, ideali come beni rifugio.
Mentre i prezzi di questi hanno visto un trend di grande crescita, ci sono state deviazioni, soprattutto negli anni appena successivi alla crisi.
Infatti, siccome le finanze degli addetti al settore si prosciugavano, erano costretti a ridurre gli acquisti di diamanti dai produttori e rivenderli ad un prezzo minore.
La situazione restò grave fino al 2014, anno in cui i prezzi dei grezzi scesero del 7% nell’ultimo trimestre.
Questa volta era colpa della Antwerp Diamond Bank, che si trovò costretta a chiudere dopo che una grossa vendita ad un’azienda cinese andò in fumo.
La ADB fu una grande fonte di finanze agli addetti ai lavori nella città belga per 80 anni, centro mondiale di questa industria.
Ora però il mercato ha ripreso e De Beers prevede che i prezzi ritorneranno quelli di una volta in poco tempo.
Le fluttuazioni a breve termine, però, non preoccupano gli investitori. Infatti, per loro l’impotante è salire da una crisi o una situazione qualsiasi con un bene rifugio.
Il modo per capire se si è fatto un buon investimento è prendere un trend e considerarlo con una cadenza di tre anni, o meglio ancora di cinque.
Secondo le previsioni di Bain & Company, la domanda di diamanti sorpasserà le scorte entro il 2020.
In questo modo, il mercato degli investimenti sta per intraprendere un ruolo cruciale nell’industria di queste pietre.
Comprare quote di una compagnia mineraria è sicuramente la strada più conosciuta per chi investe nel commercio.
La catena del diamante va dall’estrazione fino alla vendita passando dalla lavorazione.
I minatori si assumono il rischio maggiore e spendono la maggior parte del loro tempo all’interno di questa catena, eppure vendono la produzione molto velocemente, perchè spesso sono sottocapitalizzati e vogliono solamente estrarre, dimostrare che hanno ragione riguardo alla geologia per assicurare il prossimo carico di finanziamento.
L’industria dei diamanti è una delle poche che funziona al contrario, poichè chi si trova alla fine della corrente ha maggior potere e guadagna nettamente di più.
Una grande ambizione è perciò quella di diventare verticale, anche se gli ultimi tentativi si sono rivelati fallimentari.
La globalizzazione ha colpito anche i diamanti e i mercati di queste pietre si sono spostati da New York e dall’Europa verso Sud ed Est, con Dubai come maggiore rappresentante, assieme a Cina, India e Russia.
Secondo molti consulenti, il fatto stesso di investire in diamanti significa che vengono considerati come un bene, contrastando con i messaggi tradizionali che si erano invece centrati sul romanticismo e sul mistero.
La prospettiva delle miniere a secco, così come il ritorno dei diamanti da più di un carato e la crescente domanda da parte delle nuove economie stanno generando un gran dibattito riguardo ai beni rifugio.
Ci vogliono 10 anni e parecchi miliardi di dollari affinchè la scoperta di un giacimento di kimberlite diventi una miniera di diamanti redditizia.
Purtroppo però negli ultimi 20 anni non sono state fatte scoperte significanti.
Ad ogni modo, l’unico modo per riuscire con successo ad investire nei diamanti è affidarsi alle imprese e alle strutture specializzate.